La Stipe Votiva

Il deposito votivo di San Sergio fu individuato nel 1981 da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia, in occasione dei lavori per il passaggio di una condotta dell’acquedotto del Sinni. Durante gli scavi furono rivenuti i resti di un abitato della chora tarantina e di un’ampia necropoli, costituita da circa 90 sepolture, tra cui due tombe a camera, databili tra la fine del VI ed il III secolo a.C.

 
Foto del deposito votivo in fase di scavo.

Immediatamente a nord dell’abitato, in un’area di cava antica, fu rinvenuto uno scarico di terrecotte votive figurate, databili al V-IV secolo a.C. Foto del deposito votivo in fase di scavo. Il deposito votivo di San Sergio ha restituito numerosi frammenti di terrecotte figurate, la maggior parte delle quali riconducibili ai tipi del recumbente e del cavaliere, che rappresentano i tipi più attestati anche nelle stipi funerarie tarantine.

Alcuni frammenti suggeriscono la presenza di ulteriori tipi, come quello raffigurante una figura femminile di offerente recante un cesto di frutta, e quello, solo ipotizzabile, dei Dioscuri, anch’esso attestato a Taranto nelle stipi funerarie. Ben documentata è anche la ceramica miniaturistica, destinata, evidentemente, ad un uso rituale.

La maggior parte dei votivi è costituita da rilievi "a giorno" ottenuti a matrice; il retro può essere cavo o chiuso da uno strato di argilla che accentua l’effetto plastico, rendendoli più simili a vere e proprie statuette, in grado di reggersi autonomamente senza necessità di sostegni.

Le terrecotte erano, probabilmente, dipinte con colori vivaci, come testimoniano i residui di colore rinvenuti su molti esemplari tarantini.

I depositi di terrecotte votive si rinvengono molto comunemente sia in Grecia che in Magna Grecia. A Taranto ne sono stati rinvenuti circa 60, l’80% dei quali riconducibile ad un contesto funerario: è ipotizzabile, quindi, uno stretto collegamento tra questi depositi e il compimento di riti che si svolgevano all’interno della necropoli, collegati a culti funerari; pratiche utili a codificare il nuovo status del defunto sia rispetto alla società dei vivi, sia in riferimento ad una sua specifica collocazione ultramondana.

Considerando l’evidenza archeologica anche di altri siti magno-greci, si può supporre che la maggior parte di questi contesti potesse essere dedicata originariamente all’aperto, attraverso la deposizione dei votivi direttamente sul terreno, probabilmente presso altari, nel corso di cerimonie di dedica legate a pratiche di culto privato. Solo in un secondo momento, forse in occasione di una risistemazione dell’area, i votivi potevano essere raccolti e depositati in fosse talvolta accuratamente sigillate.

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     IL CAVALIERE IL RECUMBENTE